| di Nafissa Aboulkassim
Probabilmente per alcuni sarà difficile da credere, ma la verità è che nel 2024 è possibile ancora
morire di fame.
Effettivamente, vivendo in un contesto in continua evoluzione ed essendo circondati da tanta abbondanza, non ci si ferma quasi mai a pensare alla possibilità che milioni di persone nel mondo possano vivere delle situazioni di insicurezza alimentare acuta, eppure è così. Secondo il World Food Programme, infatti, ci sono ancora più di 300 milioni di persone sparse in più di 70 paesi che soffrono di insicurezza alimentare o malnutrizione.
L’Obiettivo 2 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, obiettivo che mira a porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile, è comune ai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite. Ognuno ha attuato delle politiche strategiche per cercare di garantire ai propri cittadini una disponibilità di cibo adeguata e soddisfare i loro bisogni alimentari, ma spesso queste risultano insufficienti di fronte a cause di forza maggiore, come i conflitti (in Palestina, Yemen, Ucraina) o i disastri naturali, in particolare quelli legati ai cambiamenti climatici (inondazioni, siccità, etc), che hanno un impatto molto forte sulla produzione agricola mondiale.
In aggiunta, stando al rapporto World Population Prospects 2024, la popolazione globale raggiungerà i 10 miliardi di persone nel 2080, 2 miliardi in più rispetto agli 8 attuali. Dato da non sottovalutare, poiché con questa crescita demografica esponenziale si rischia di non poter più garantire una sufficiente produzione delle risorse alimentari in modo da sfamare tutta la popolazione.
Un aspetto fondamentale per la lotta alla fame nel mondo è l’adozione di un’alimentazione sostenibile: dobbiamo impegnarci per cercare di preferire alimenti vegetali a quelli animali, ridurre lo spreco alimentare ed il consumo stesso di cibo.
E noi, nel nostro piccolo, quanto contribuiamo ad un uso appropriato del cibo?
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