Perchè 300mila giovani lasciano il Sud?
- irelbll18
- 17 dic
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di Irene Iobello
“No, il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà.”
La più famosa citazione di Guido Dorso, intellettuale e politico italiano, tratta da “La rivoluzione meridionale”, scritto nel 1924, risuona oggi più attuale che mai al Sud e, in particolare, ai suoi giovani.
Infatti il Mezzogiorno è protagonista di uno scenario di doppia emigrazione: verso il Centro-Nord dell’Italia e verso l’estero. Il rapporto Svimez 2025, non a caso intitolato “Freedom to move, right to stay”, stima che tra il 2019 e il 2023 sono più di 69mila i giovani tra i 25 e i 34 anni partiti dal Mezzogiorno per l’estero, di cui quasi un terzo laureati.
Ma è l’emigrazione dentro il Paese la più consistente: negli ultimi cinque anni oltre 209mila giovani hanno lasciato il Sud per le regioni centro-settentrionali, in particolare dalle aree interne. La peculiarità di questa emorragia è la selettività: ad andarsene sono soprattutto i più istruiti, con la perdita di 115.700 giovani laureati.
I motivi sono diversi, ma interconnessi e organici alla secolare questione meridionale. Le prospettive occupazionali, sia in termini di accesso al lavoro, sia di stabilità e di livelli salariali, sono requisiti imprescindibili per assicurare una qualità della vita alta e l'accesso a servizi pubblici efficienti. Incide anche la percezione di un sistema lontano dalle pari opportunità dell’art.3, e dove l’ascesa sociale non è garantita dalla propria formazione e competenze.
Eppure l’esodo non può essere interpretato esclusivamente come perdita, bensì anche come mobilità sociale collettiva. Giovani qualificati che, trasformando un vincolo in opportunità, vanno a formare la nuova classe dirigente altrove: è il caso della nuova generazione di amministratori del Nord nati al Sud, che occupano posizioni di responsabilità negli enti locali e nelle istituzioni universitarie. In questa lettura si comprende la contemporaneità della teoria dorsiana dei “cento uomini D’acciaio” , i futuri giovani che il meridionalista poneva a capo del definitivo riscatto del Sud, la tanto ambita rivoluzione meridionale.
La realizzazione professionale e personale degli “spatriati” costituisce un valore aggiunto tanto per i territori che li accolgono, che per la loro terra d’origine, grazie a reti e capitale umano che rimangono stretti, pur a distanza.
Nonostante la chiave d’interpretazione arricchente, oggi più che mai rimane l’urgenza , innanzitutto politica, di creare le condizioni per la nostra possibilità di scelta.
Restare e tornare non possono essere atti di resistenza individuali, partire deve diventare una decisione libera e consapevole.
Noi giovani meritiamo risposte serie e concrete, non ci rassegniamo a leggere solo cifre in negativo sul calo demografico non solo del Sud, ma dell’Italia intera.
Fonti:
-Istat, Rapporto annuale 2025, La situazione del Paese
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-Rapporto Svimez 2025, L’economia e la società del Mezzogiorno
-La rivoluzione meridionale, Guido Dorso (2025)
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