Un mondo alla ricerca dell'unità: comprendere il conflitto, ispirare la pace
- Alpha Oumar Diallo
- 21 mag
- Tempo di lettura: 5 min

di Alpha Oumar Diallo
In un mondo globalizzato come il nostro, le grandi potenze* detengono un ruolo dominante nella governance globale e, pertanto, dovrebbero impegnarsi per promuovere la pace, lo sviluppo sostenibile e la giustizia internazionale. Tuttavia, spesso vediamo che le loro azioni sono guidate da interessi nazionali, a discapito del bene comune globale. È proprio questa logica di potenza a provocare notevoli squilibri e un profondo senso di ingiustizia tra i paesi più vulnerabili. Nella società in cui viviamo, caratterizzata da straordinari progressi e profonde tensioni, riflettere sulle radici delle nostre divisioni è ormai diventato urgente e necessario. Mi domando perché, nonostante le nostre capacità intellettive e tecnologiche, i conflitti continuino ad esistere. E in particolare: cosa può fare ciascuno/a di noi per costruire un mondo basato sul dialogo, sull'unità e il rispetto reciproco? Questa è una riflessione che dovrebbe interessare tutti/e noi.
Iniziamo con il ragionare sui conflitti globali e le cause profonde che li caratterizzano.
Pensiamo, ad esempio, alla presenza di risorse ambite. I conflitti, infatti, emergono anche per il controllo delle risorse naturali, vitali per la sopravvivenza e il benessere delle popolazioni. L'accesso all'acqua potabile, ai combustibili fossili e alle terre fertili tende a diventare non solo una questione di necessità, ma anche di avidità, spesso alimentata da un sistema economico iniquo. Soprattutto negli ultimi anni, abbiamo visto quanto la sete di potere, sia a livello individuale che collettivo, possa portare al dominio, all'oppressione e alla violenza. In ambito politico, queste dinamiche si manifestano frequentemente in guerre, colpi di stato, conflitti etnici e oppressione sistematica delle minoranze, creando cicli di violenza che durano decenni.
Pensiamo alle differenze fraintese. Le differenze culturali, tradizionali e religiose, quando non vengono comprese o rispettate, possono diventare potenti fonti di divisione e conflitto. I nostri pregiudizi e stereotipi, spesso radicati in una storia di incomprensione e paura, alimentano sentimenti di odio e ostilità. Quando non riusciamo a vedere oltre le nostre convinzioni, creiamo muri invisibili che ostacolano il dialogo e la cooperazione, portando a conflitti aperti e ad una crescente polarizzazione della società.
Pensiamo al divario tra paesi ad alto e paesi a basso e medio reddito, una delle principali fonti di ingiustizia a livello globale. Ci sono disuguaglianze evidenti, innegabili e sotto gli occhi di tutti/e noi. Disuguaglianze economiche e sociali che creano un clima di frustrazione e risentimento. La sofferenza sociale, se ignorata dalle élite politiche e dai governi, diventa terreno fertile per la rabbia e la rivolta. Le popolazioni marginalizzate, spesso private di diritti fondamentali e opportunità, possono sentirsi costrette a ricorrere alla violenza per farsi sentire, perpetuando così un ciclo di conflitto e instabilità.
Pensiamo allo sfruttamento delle emozioni collettive, usato per dividere le comunità e ottenere vantaggi personali. Propaganda e disinformazione vengono utilizzate per incitare l'odio verso gruppi specifici, creando nemici immaginari e giustificando azioni violente. Questa manipolazione delle masse non solo alimenta conflitti, ma mina anche la fiducia nelle istituzioni e nei processi democratici, creando un ambiente di instabilità e paura.
Riflettiamo, infine, sull'ignoranza e sulla paura dell'altro in quanto diverso da noi. La mancanza di istruzione e di opportunità di dialogo interculturale crea barriere invisibili ma potenti. Quando non comprendiamo le persone, le percepiamo come nemiche o minacce. Questa ignoranza reciproca alimenta la paura e il sospetto, rendendo difficile la costruzione di relazioni pacifiche e collaborative. Il dialogo aperto e l'educazione interculturale sono essenziali per superare queste barriere e promuovere la comprensione reciproca, riducendo così il rischio di conflitti futuri.
Proviamo a chiederci: quali potrebbero essere le soluzioni applicabili, concrete e umane a tutto ciò?
Secondo me, al di là delle credenze e delle differenze culturali, esiste una semplice verità che ci unisce: condividiamo lo stesso pianeta, lo stesso respiro, la stessa umanità. Dobbiamo coltivare questa coscienza universale, terreno comune per costruire la pace. Sforziamoci di riconoscere che le sfide globali, come il cambiamento climatico, le crisi umanitarie e le ingiustizie sociali, non conoscono confini e richiedono una risposta collettiva. Solo attraverso una coscienza planetaria, infatti, possiamo sviluppare un senso di responsabilità condivisa verso il nostro ambiente e verso le altre persone. Solo attraverso questa consapevolezza possiamo riuscire a guardare oltre i nostri interessi personali per considerare il benessere altrui.
Cerchiamo di essere solidali in modo attivo. La solidarietà non è solo un concetto astratto, ma si traduce in azioni concrete. Condividere, aiutare e proteggere i/le più deboli non implica solo un'assistenza nei momenti di crisi, ma anche la promozione di un'economia giusta e sostenibile, che consideri le esigenze di tutti e tutte. Nel nostro piccolo, partecipare attivamente alla comunità, impegnarsi in progetti di volontariato e supportare iniziative locali sono modi efficaci per esprimere la nostra solidarietà. Amare gli/le altri/e in modo tangibile non solo migliora la vita di chi ci circonda, ma arricchisce anche la nostra stessa esistenza, creando un senso di appartenenza e di scopo.
Un'altra soluzione che proporrei è il dialogo tra le differenze. Pensate agli scambi tra culture, religioni, generazioni e nazioni: ci aiutano a crescere e a comprenderci reciprocamente. Infatti, è proprio attraverso il dialogo e la condivisione delle nostre insicurezze, speranze e convinzioni che costruiamo ponti. Il mio è un invito a celebrare la nostra diversità e riconoscere la nostra unità. Unità non significa uniformità, ma riconoscere che ogni cultura, credo e identità ha il suo posto e valore nel tessuto umano. Creare spazi di dialogo aperti e rispettosi è essenziale per affrontare i conflitti e promuovere la pace. In quanto unica famiglia umana, la capacità di ascoltare attivamente e di apprendere dalle altre persone ci permette di abbattere i muri della paura e di costruire relazioni basate sulla fiducia e sul rispetto reciproco.
Anche l'educazione gioca un ruolo fondamentale nella risoluzione dei conflitti. Fin dall'infanzia è cruciale un approccio educativo basato non solo sulle scienze, ma anche sull'ascolto, la gestione delle emozioni e l'interconnessione tra di noi, proprio per aiutarci a sviluppare una coscienza critica, promuovendo valori come l'empatia, la responsabilità sociale e la sostenibilità. Le scuole dovrebbero diventare luoghi di incontro dove i/le bambini/e possono esplorare le loro identità, apprendere dalle differenze e costruire relazioni significative. Credo che attraverso questa tipologia di educazione sia possibile formare cittadini/e consapevoli e impegnati/e, pronti/e a contribuire attivamente ad un mondo più equo e pacifico.
In sintesi, l'unità umana non è un'utopia, ma rappresenta una possibilità concreta e realizzabile, purché siamo disposti/e ad accoglierla con coraggio e amore. Questo concetto di unità trascende le diversità culturali, etniche e religiose, invitandoci a riconoscere la nostra comune umanità. Tutti/e coloro diversi/e da noi non sono nemici/he ma pilastri di un mondo fatto di pace, dialogo e sviluppo. E finché ci saranno voci, come le nostre, che pongono domande e soluzioni, sperando in un futuro migliore e senza conflitti, la speranza non morirà mai.
*Stati con significative capacità militari ed economiche, che gli permettono di svolgere un ruolo importante negli affari internazionali.
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