Articolo disponibile sul Blog U-Young, collaborazione di FuturaNetwork & UNICEF
Immagino un futuro in cui quando incontrerai una persona, la prima cosa che accenderà la tua curiosità e ti spingerà ad avvicinarti, sarà la sua ricchezza interiore e non l’aspetto fisico, ossia tutto ciò che non puoi vedere con gli occhi.
Sì, sembrerò ingenua, sembrerà pure un'utopia. Voler immaginare una bellezza in contrasto con il concetto ancestrale legato all’estetica, all’aspetto, un concetto che risale alle origini dell’umanità, come lo dimostra ad esempio il culto egiziano delle bellezza fisica nella loro religione; la bellezza era considerata fondamentale per attrarre l’attenzione degli dei e permettere alle anime di passare all’aldilà. La bellezza era la loro salvezza.
Un’illusione ancora più forte oggi? Ai giorni nostri, la cultura visuale è tutto: apparire sembra più importante di essere.
Si tende a tutti i costi di soddisfare i canoni estetici legati all’aspetto fisico (bellezza e vestiario), creando così un personaggio da mostrare al mondo. Questa ricerca ci svuota dentro piano piano, nella nostra essenza. E noi, così concentrati sull’ esterno finiamo per non accorgercene. Addirittura, arriviamo a sentire paura o sospetto verso chi non è simile a noi fisicamente, mentre potrebbe essere la nostra anima gemella.
Questa cultura “degli occhi” ci fa vivere un presente pieno di discriminazioni ed attacchi per motivi estetici (un fenonemo chiamato lookism in inglese) ed etnici.
I social media sono le principali vetrine di questo modo di “vedere” e con l'aumento della loro popolarità sarà un caso se, per esempio, le richieste di chirurgia estetica siano aumentate? Nell'ultima classifica mondiale dei paesi che ricorrono a procedure estetiche, l'Italia si colloca al quarto posto, con il record di interventi effettuati negli ultimi anni. Può essere uno degli effetti dei social media, della cultura del “body shaming”, ossia una forma di cyberbullismo attraverso la derisione dell’aspetto fisico?
Sarò ingenua, ma ritengo che solo con il cuore si può vedere bene, l’essenziale è invisibile agli occhi. Lo dice il Piccolo Principe, ve lo ricordate? Chiamatemi infantile, ma è un libro che mi ha toccato ed emozionato, ed è un concetto che mi è rimasto impregnato da piccola. Purtroppo, è un concetto facile da dimenticare nel quotidiano, quando siamo sovrastati da immagini, immagini e, immagini! è ora di dire basta e cominciare un percorso di consapevolezza per contrastarlo.
Al mio parere, uno degli obiettivi da perseguire per avere un futuro più equo, empatico e solidale è quello di cambiare prospettiva: dalla cultura che guarda alla cultura che ascolta, col cuore.
Credetemi, ci sono piccole cose che possiamo cominciare a fare nel nostro quotidiano, che possono sembrare senza effetto ma che in verità possono fare la differenza.
Come faccio io per ascoltare, anziché guardare, le persone? Faccio delle domande innocue, che le portano poco a poco ad aprirsi, senza obblighi, creando legami di fiducia e sicurezza.
In questo modo le persone sono libere di interagire con me, scegliendo se rispondere o meno, se usare il proprio personaggio o essere se stesse… e io intanto ascolto, non solo con le orecchie.
Se vi incuriosisce questo metodo, vi condivido una lista di 5 domande che io generalmente uso e permettono all’altro di esprimersi - e a me di sentire:
Qual è la tua stagione preferita dell’anno?
Qual è il tuo piatto preferito?
Ti piacciono le lingue straniere?
Ti piace la natura? Mare o montagna?
Che musica ti piace? E balli?
In pratica, questo articolo è un esercizio per me, per aprirmi con voi che mi leggete, ma anche per voi per ascoltarmi. Spero che facciate lo stesso con chi vi sta vicino, buoni esercizi!
Prima di chiudere, ho una domanda per voi: qual'è la vostra stagione dell’anno preferita?
E quale domande aggiungereste?
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