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I giovani del Myanmar lottano per la democrazia.



A più di un mese dal golpe militare in Myanmar che ha portato al potere il Tatmadaw, cioè il potente esercito birmano, le proteste continuano ed aumenta il numero delle vittime, anche tra giovani e bambini.


Ciò che ha portato al colpo di stato, secondo il leader della giunta Min Aung Hlaing, sono i risultati delle elezioni del novembre 2020, largamente vinte dal partito di Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), che secondo alcuni sono state segnate da irregolarità. Accuse smentite però dalla commissione elettorale.


I militari hanno storicamente un grande potere nel paese. In Myanmar, che una volta si chiamava Birmania, dopo l’indipendenza il potere è stato consegnato alla maggioranza birmana, con un accordo che escludeva numerose minoranze etniche. E il potere dei militari si è consolidato negli anni, con la funzione di garantire il controllo e l’equilibrio di un paese che conta più di 130 gruppi etnici.


Il processo di democratizzazione in corso negli ultimi anni, era accompagnato da una progressiva perdita di centralità dell'esercito nella vita politica ed economica del paese. Con questo golpe, che assegna per un anno il potere alla giunta militare, si fa marcia indietro.

Lo aveva già anticipato tempo fa Bertil Lintner, ex corrispondente della Far Eastern Economic Review e autore di diversi libri sulla Birmania: “Devi sempre tener presente che l’esercito è autonomo. Non prende ordini dal presidente, solo dal comandante in capo”.

Ora l'esercito è tornato al potere ma deve affrontare un malcontento popolare senza precedenti. Un'ondata di manifestazioni a favore della democrazia sta travolgendo il Paese e la repressione si sta irrigidendo ovunque.

L’azione dei militari è stata una grandissima delusione, una "doccia fredda" per i giovani del Myanmar, orgogliosi della loro nascente democrazia; credevano che un colpo di stato come questo fosse impossibile. Ma si sbagliavano.


I manifestanti di Yangon suonano i clacson e cantano per protestare. Molti di loro sono molto giovani, ragazze e ragazzi come noi, cresciuti in un paese che speravano ormai democratico, che ora temono di vivere in una società meno libera. A Mandalay sono scesi in strada in moto per poter fuggire più facilmente quando arriverà la repressione. Hanno protestato attivamente anche online lanciando una campagna di disobbedienza civile. Questo certamente è stato reso difficile dal continuo shutdown di internet in tutto il paese.

I servizi di sicurezza cercano di sradicare tutti i segni di resistenza, ciononostante, i manifestanti ogni giorno scendono in piazza, sapendo che difficilmente potranno competere con le armi da guerra che spareranno senza distinzione alcuna.


Questa è l'immagine, Kyal Sin, 19 anni, che indossava una maglietta con la frase "Andrà tutto bene".


Pochi secondi dopo è crollata, colpita da una pallottola in testa.




Secondo dichiarazioni dell'UNICEF almeno 35 minori sono stati uccisi dall'inizio delle proteste, innumerevoli altri sono rimasti gravemente feriti e quasi 1.000 bambini e giovani sarebbero stati detenuti arbitrariamente dalle forze di sicurezza in tutto il Paese.

Milioni di bambini e giovani sono stati esposti direttamente o indirettamente a scene traumatizzanti di violenza, con grave minaccia per la loro salute mentale e il benessere emotivo.

Oltre al danno fisico, esistono altre possibili conseguenze altrettanto gravi che mettono in pericolo un'intera generazione di bambini e giovani.

Prima di tutto la perdita di accesso ai servizi chiave: vaccini fondamentali, cure per la malnutrizione grave e acuta, rischio di perdere un altro anno di apprendimento, l'accesso ai servizi idrici e igienico-sanitari di base.


"L'impegno dell'UNICEF per i bambini in Myanmar rimane risoluto. Dopo 70 anni nel paese, rimane una priorità assoluta raggiungere tutti i bambini, compresi i Rohingya e quelli di altri gruppi minoritari, con servizi salvavita in tempi di conflitto e crisi"- dichiara Henrietta H.Fore, Direttore generale dell'UNICEF.


E' necessario un dialogo tra l'NLD e l'esercito per mettere fine alle violenze. La rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene ascoltato e la disobbedienza, agli occhi di chiunque abbia letto la storia, è la virtù originale dell’uomo. Tutto quello che chiede il popolo del Myanmar è la pace, non l’inconsolabile dolore di famiglie che hanno perso i loro cari nelle proteste pacifiche. Pace e democrazia.


Questo articolo è un omaggio a Kyal Sin e a tutto il popolo del Myanmar.

ဤဆောင်းပါးသည် Kyal Sin နှင့်မြန်မာပြည်သူလူထု၏ဂုဏ်ပုဒ်ဖြစ်သည်






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