La pandemia Covid-19, il cui esordio ha segnato in maniera cruciale l’inizio della primavera, è stata qualcosa di più di una semplice crisi sanitaria.
In un batter d’occhio l’arrivo del virus ci ha catapultati in una dimensione del tutto sconosciuta, sradicandoci da una bolla, all’interno della quale decidiamo di rinchiuderci quotidianamente.
Una bolla fatta di false convinzioni e certezze.
La pandemia, oltre a renderci vulnerabili sotto un punto di vista sanitario, ha rappresentato un mezzo fondamentale per misurare in termini concreti una serie di importantissime sfaccettature socioculturali: welfare, sanità pubblica, vulnerabilità sociale nei confronti dell’emergente malattia…
Le malattie infettive destano nell’uomo grandissima insicurezza, forse perché quest’ultimo, con il suo spiccato antropocentrismo, si rapporta nei confronti degli altri esseri viventi con una certa aria di saccenteria, ritenendosi fulcro di una gerarchizzazione, che lui stesso, con le sue false convinzioni, ha costruito nel tempo.
Effettivamente i virus sono qualcosa che sfugge dall’immaginario collettivo: esseri microscopici che si fanno largo tra le nostre cattive abitudini e fragilità, proliferando e talvolta creando conseguenze come quelle a cui tutti noi siamo andati incontro.
Queste rappresentano un grosso e triste problema, ma in condizioni ordinarie sono eventi del tutto naturali. A rendere l’attuale Pandemia qualcosa di più preoccupante è il suo background fuori dall'ordinario. Siamo realmente sicuri di poterci sentire solo spettatori di fronte ad un evento del genere? O c'è una responsabilità dell'uomo per ciò che sta accadendo?
La scienza ci viene in aiuto.
La zoonosi, è quel determinato processo che si verifica quando un patogeno (generalmente un virus) fa il salto da un animale a un essere umano radicandosi nel nuovo organismo come agente infettivo.
Il passaggio del virus all’uomo non è diretto, ma reso possibile grazie ad un intermediario, che funge da “ospite serbatoio”.
Il patogeno in questione può rimanere latente all’interno dell’organismo ospite, anche per un periodo di tempo considerevole, costruendosi un vero e proprio habitat.
Sulla base di questo possiamo comprendere che il passaggio del virus dal soggetto intermediario all’essere umano non avviene spontaneamente ma è veicolato da un fattore scatenante.
Questo è un dato che ci permette di riflettere sulla relazione che l’uomo ha instaurato con l’ambiente.
Negli ultimi decenni l’impronta di noi esseri umani è diventata man mano sempre più consistente.
Le nostre abitudini, oltre ad aver recato seri danni a livello di inquinamento e deturpamento ambientale hanno contribuito a creare una serie di squilibri a livello del nostro ecosistema.
Secondo varie voci autorevoli, l'ecosistema può essere paragonato ad una costruzione di mattoncini.
Se un mattoncino viene sottratto dalla struttura principale, questa si indebolisce divenendo molto instabile. Allo stesso modo l’ecosistema risente notevolmente quando le sue parti costituenti vengono alterate dalle azioni umane che vanno ad indebolirlo, modificandolo e causando una serie di conseguenze irreversibili.
Proprio questa alterazione di natura "ecosistemica", può essere ritenuta responsabile del cosiddetto salto di specie.
L'ecologia spiega che l'ecosistema è da ricondurre ad un elemento complesso e allo stesso tempo singolare: tutti i mattoncini, precedentemente citati, non sono altro che "nicchie ecologiche", ciascuna abitata da una determinata serie di specie animali e vegetali ben definibili.
Negli ultimi anni, le incessanti attività umane a carico dell'ambiente, non solo hanno assottigliato le distanze tra un mattoncino e l'altro ma sono state così intense da permettere l'instaurarsi di un filo conduttore troppo stretto tra uomo e altre specie animali, tanto da scatenare una serie di spiacevoli incovenienti, come ad esempio lo "spillover" (termine scientifico inglese, utilizzato per descrivere il salto del patogeno da un'essere vivente ad un altro).
Questo aspetto non deve essere visto come circoscritto ad una singola situazione ma deve essere letto in chiave globale, in quanto oggigiorno viviamo in una realtà globalizzata dove le azioni dei singoli Paesi si influenzano a vicenda a scapito di molti altri.
L’attuale pandemia rispetto a molte altre del passato si sta rilevando un mezzo fondamentale per la salvaguardia delle dinamiche sopra citate e soprattutto per quella della nostra sussistenza all’interno del pianeta.
Dopotutto gli eventi in natura non avvengono per caso.
Se l’attuale Pandemia venisse coniugata ai mezzi culturali che oggi rispetto al passato possediamo, ci aiuterebbe ad acquisire quel velo di consapevolezza necessaria per effettuare una svolta decisiva in grado di indurre un cambiamento positivo.
Il risvolto di questo periodo a cui stiamo assistendo è che per la prima volta, all’interno di un evento globale catastrofico, abbiamo potuto constatare che il nostro rapporto con l’ambiente è del tutto determinato da una serie di comportamenti generalizzati che abbracciano sfere diverse (ambito sociale, politico, culturale) e si ripercuotono direttamente anche sul nostro agire, ricadendo indirettamente all’interno della sfera ambientale.
Detto questo, è facile intuire che l’unica via percorribile per giungere ad un determinato grado di sostenibilità ambientale consiste nel modificare il nostro modo di comportarci all’interno di queste determinate sfere la cui correlazione con l’ambiente sembra distante ma in realtà molto più ravvicinata di quanto ci si pensi.
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