Quest’anno, dopo tanto tempo nel corso della storia, l’intero globo si è coalizzato per condurre una battaglia contro un nemico comune: un microscopico virus che ha stravolto e modificato radicalmente le nostre vite.
Questo periodo di profonda crisi sanitaria ha scosso l’animo di tutti.
Le esigenze reciproche si sono allineate su uno stesso piano, convergendo verso un’unica direzione: debellare la malattia e ritornare alla normalità.
Negli ultimi mesi, anche grazie alle numerose sollecitazioni delle istituzioni e dai mass media, abbiamo interiorizzato a fondo l’importanza del rispetto delle regole e dell’impegno comune, due elementi fondamentali per il raggiungimento di un benessere generalizzato.
Se da una parte il ruolo e il calibro sociale di questi fattori è conclamato dall’altra è fondamentale sottolineare che tali aspetti non sono innati all’interno della sfera sociale ma rappresentano il frutto di un lavoro perseguito nel corso degli anni sia da parte dei singoli cittadini che delle istituzioni.
L’attuale crisi sanitaria, non è stato l’unica a cui la società e il mondo si sono dovuti confrontare.
La storia ci insegna che l’umanità ha dovuto far fronte a molti altri fenomeni della stessa natura, nei confronti dei quali non si riusciva, almeno nell’immediato, a trovare una soluzione per poterli arrestare.
Ma c'è una differenza sostanziale tra l’attuale situazione emergenziale e le “catastrofi” del passato: il modo con il quale l’uomo si rapporta nei confronti di quest’ultime.
Se nel passato per l’uomo, era lecito rapportarsi nei confronti di tali eventi come un vero e proprio spettatore, escludendo completamente la possibile correlazione che vi era tra la sua impronta e il fattore scatenante dell’evento stesso, oggi, di fronte agli attuali mezzi culturali e tecnologici che possediamo è impensabile.
Nonostante sia oggetto di grande dibattito a livello accademico, la scienza è concorde nell’affermare che la comparsa dell’attuale pandemia sia stata influenzata in parte dall’attività dell’uomo a carico dell’ambiente.
Questo filo conduttore troppo sottile tra uomo e natura non è stato evidenziato solo in concomitanza dello scoppio dell’epidemia ma da una serie di problemi di natura ambientale, ecologica e climatica che da anni, se non secoli, affliggono il nostro pianeta.
Oggi siamo a conoscenza delle nostre azioni e della loro ripercussione sull’ambiente, anche se risulta molto più conveniente accantonarle e assumere le vesti di coloro che di fronte alle conseguenze reagiscono in maniera impassibile e del tutto incredula.
In numerosi rapporti scientifici stilati dall'Unione Europea, vengono messe in risalto le cause che giocano una maggiore incidenza a livello del surriscaldamento globale. Tra queste ritroviamo prevalentemente la necessità dell’uomo di utilizzare combustibili fossili, la deforestazione e l’allevamento di bestiame.
Le ultime due sono state “additate” come le principali cause del cosiddetto spillover, termine di gergo scientifico che corrisponde al salto di specie adoperato dal tanto famigerato corona virus, responsabile dell’attuale epidemia sanitaria.
Altri rapporti di ampio calibro, come il report dell’IPCC sul riscaldamento e quelli dedicati agli oceani e alla criosfera insieme agli altri redatti dall’IPBES, mostrano con evidenza i pericoli e i costi di una eventuale mancanza di azioni e i benefici che deriverebbero da azioni urgenti e radicali. In assenza di seri provvedimenti il riscaldamento globale avrà grosse ripercussioni di diversa natura. Non intervenendo tempestivamente, conseguenze come lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello dei mari e le modificazioni climatiche che causeranno fenomeni atmosferici estremamente violenti, rappresenteranno solamente una piccolissima parte dello scenario nel quale tutti noi saremo costretti a vivere.
E' molto importante sottolineare che con il progredire degli anni, la complessità del problema acquisirà progressivamente un velo sempre più drammatico. Alle problematiche ambientali, si aggiungeranno infatti, quelle di natura prettamente umanitaria e sociopolitica: milioni se non miliardi di persone in risposta al continuo susseguirsi di fenomeni atmosferici avversi dovranno lasciare il proprio habitat originale, stabilendosi in altre aree più protette e al sicuro. Non a caso, sono proprio i popoli in via di sviluppo ad essere quelli più vulnerabili sotto tale punto di vista, sia per la loro alta vulnerabilità sociale e infrastrutturale sia per la loro stretta vicinanza con la natura e l'ambiente.
Anche sulla base di questi importanti dati possiamo comprendere come, una problematica di matrice prevalentemente ambientale, possa avere grosse ripercussioni a livello sociale, sottolineando disparità, ormai troppo accentuate.
Nonostante questo, il problema è generalizzato e non riguarda un gruppo esiguo di persone; è proprio da tale coinvolgimento indiscriminato che dovrebbe originarsi l'impeto di voler impegnarsi veramente al fine di arrivare al raggiungimento di un obiettivo comune.
L'azione del singolo , se opportunatamente coordinata e supportata dalle figure istituzionali, ha una grandissima incidenza nell'arginare questa incombente criticità.
Sulla base di questo, faccio un appello a tutti i leader dell’African European submit, chiedendo loro di introdurre all’interno delle loro priorità, la cosiddetta questione “climatica”.
In primo luogo ritengo fondamentale la sensibilizzazione, un’arma vincente che permette la sollecitazione dell’impegno civile.
Le istituzioni culturali, in primis le scuole, devono investire seriamente in questo importantissimo progetto educativo.
A mio parere la sensibilizzazione permette l’acquisizione della consapevolezza, molto più efficiente di qualsiasi norma sancita al fine di contenere il problema.
Mi appello inoltre ai Leader affinché si possano creare dei presupposti adeguati per rilanciare nel mercato l’utilizzo e lo sviluppo di nuove fonti energetiche rinnovabili.
La realizzazione di questo importante obiettivo apporterebbe netti miglioranti alla sfera ambientale, limitando il consumo di combustibili fossili e allo stesso tempo rappresenterebbe un rilancio notevole per l’economia e di tutti quei settori che ruotano intorno alla tecnologia e alla ricerca.
In particolare quest’ultima, anche di fronte ai progressi raggiunti nell’ambito ecosostenibile, dovrebbe essere maggiormente valorizzata e sostenuta sia da un punto di vista economico che istituzionale, garantendo agli scienziati e ai giovani ricercatori la possibilità di approfondire e promuovere l’efficienza energetica e nuove strategie finalizzate all’azzeramento delle emissioni e degli sprechi, conferendo un nuovo impulso all’economia del futuro.
Questi spunti rappresentano la base di partenza di un impegno collettivo in cui le scelte individuali e quelle di natura istituzionale si intrecciano per arrivare ad un obiettivo comune: il raggiungimento della sostenibilità ambientale.
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